La Biennale Architettura di Venezia 2021

La 17. Mostra Internazionale di Architettura del curatore Hashim Sarkis racconta il mondo del futuro prossimo. Un percorso ricco di interpretazioni dalle più suggestive a quelle più pratiche ma sempre con una domanda presente: How will we live together?

Il tema della Biennale di Venezia 2021 incontra una richiesta quanto mai attuale nei nostri giorni: How will we live together? Già, perché un mondo sempre più attento ai cambiamenti climatici, alle sensibilità sociali e, soprattutto, sulla via del risveglio da una pandemia globale, ha tutta la necessità di sapere come vivremo su questo pianeta.

Il percorso della mostra curata da Hashim Sarkis è lineare e interessante. Il professore del Massachusetts Institute of Technology (in mostra sono tanti i nomi che arrivano da quella che è la più influente università di ricerca del mondo) ha immaginato un allestimento che segue 5 scale di grandezza: l’individuo, le abitazioni, le comunità, il territorio e il pianeta.

In ogni sala, i lavori dialogano tra loro in un’ulteriore suddivisione in sottosezioni. Ci sono gli spazi dedicati ai mari e alle foreste, altri dedicati al corpo o alle intelligenze collettive. Ogni progetto ha una storia da scoprire attraverso le didascalie oppure, ancora meglio, con il servizio di catalogo parlante che vede in ogni spazio delle guide a cui chiedere informazioni sui lavori esposti.

La  17. Mostra Internazionale di Architettura

Quello del 2021 è il prima grande appuntamento per il nuovo presidente della Biennale di Venezia Roberto Ciccutto che si è fatto carico di una non facile transizione, vista l’emergenza sanitaria. Un anno di pausa forzata che, come ha raccontato lui stesso è stato usato per arricchire di contenuti, partecipazioni e collaborazioni la mostra.

Questa edizione riprende con forza ancora maggiore quello che è stato la dichiarazione di base delle precedenti: è compito dell’architetto pensare a come abitiamo e abiteremo il Pianeta. Non è un caso se sono sempre più frequenti le partecipazioni di scienziati e artisti. Ma tra le tante sfaccettature di un programma che conta solo tra i partecipanti 114 nomi, c’è anche una volontà fattiva, con diversi plastici e proposte su materiali e innovazioni dei tessuti sociali.

La Biennale all’Arsenale

Il percorso più filologico consiglierebbe di iniziare dall’Arsenale dove sono esposti i lavori appartenenti alle prime tre categorie: Among Diverse Beings, As New Households, As Emerging Communities. Dopo la prima sala dedicata al rapporto con l’identità e il corpo si incontra uno spazio dedicato alla convivenza con altre intelligenze.

Un esempio è quella progettata da MAEID, un braccio robotico che iniziato a piantare e coltivare spore su una struttura in terra su cui al termine della Biennale sarà cresciuta una copertura di funghi. Sono diverse attraverso tutta la Biennale le installazioni in divenire, come alcuni plastici dove le piante crescono e saranno trapiantate a manifestazione conclusa.

Nella sezione dedicata alle abitazioni si incontrano proposte che, partendo molto spesso dai materiali, propongono nuovi modi di concepire i luoghi in cui viviamo e l’impatto che questi hanno nelle nostre vite e sul mondo. Un esempio è la prima struttura abitabile e multipiano realizzata interamente in fibra di vetro e carbonio da Achim Menges, pensata in risposta alla richiesta delle Nazioni Unite di nuove abitazioni ma con un impatto ambientale ridotto.

L’ultima parte delle Corderie è dedicata alle comunità e affronta le tematiche sociali e politiche. Dal pavimento che raffigura Venezia e che si sbriciola sotto i piedi dei visitatori pensato da Laura Fregolent e Paola Malanotte-Rizzoli per sensibilizzare sulla fragilità del territorio, allo sguardo su quella che potrebbe diventare la sanità del futuro affidato a Reinier de Graaf dello studio OMA.

Non mancano idee propositive come quelle del parlatoio progettato da ELEMENTAL o del TUMO Center for Creative Technologies che, attraverso una foresta di schermi, racconta la sua attività per immaginare una nuova scuola iperpersonalizzata, con strumenti innovativi e dove sono gli studenti a essere responsabili per la propria educazione.

Il Padiglione Centrale ai Giardini

Le scale più ampie Across Borders e As One Planet sono esposte al Padiglione Centrale dei Giardini. Qui si sviluppano i temi che riguardano l’ambiente e la nostra presenza sul Pianeta. La prima sezione guarda ai territori e alle biodiversità con analisi a volte di denuncia come nel caso di Gringo Cardia che ha voluto raccontare la storia di una popolazione amazzonica che crede che l’uomo nasca dagli alberi e il loro rapporto con il disboscamento dell’area.

Tra le proposte più fattive c’è l’enorme cuscino ideato da Self-Assembly Lab pensato per le coste, in particolare quelle delle Maldive, destinate a scomparire. Grazie a questo dispositivo, le onde depositano la sabbia ma non la riportano indietro, ricostruendo i territori mangiati dall’innalzamento delle acque.

Un progetto in sperimentazione che lascia comunque esplicitamente aperta la domanda se questa non sia l’ennesima intromissione umana nei meccanismi naturali. Dubbio che viene sollevato anche da altri progetti che raccontano tecniche geotermiche e i processi del riscaldamento globale, ad esempio con l’isola artificiale di rocce che stanno costruendo in Svezia OOZE e Marjetica Potrč, progetto che si trova nella sezione dedicata alla scala massima, quella planetaria.

Tra i lavori di questa ultima parte di mostra si trovano pochi lavori ma molto intensi. Suggestiva la teca pensata da Christina Agapakis, Alexandra Daisy Ginsberg & Sissel Tolaas, uno spazio da attraversare per odorare un profumo sconosciuto, quello di un fiore estinto cento anni fa e ricreato in laboratorio.

Straordinario è anche il lavoro di analisi di Plan B Architecture & Urbanism che hanno realizzato un enorme mappamondo aperto dove, su un lato vengono visualizzati tutti i collegamenti del pianeta, una visione che, se anche dopo la pandemia ci fosse ancora bisogno, ci mostra come tutto il mondo è collegato o, come dicono loro, tutto il mondo è una città. Mentre il lato interno ci svela tutti i luoghi che ancora sfuggono alla presenza umana e che forse dovremmo lasciare tali.

A completare l’esposizione ai Giardini si aggiunge Future Assembly, una mostra pensata da Studio Other Spaces rappresentato dai suoi fondatori, l’artista Olafur Eliasson e l’architetto Sebastian Behman dove tutti i partecipanti della Mostra sono stati chiamati a interpretare una assemblea sul modello delle Nazioni Unite dove rappresentare gli interessi della natura.

Biennale 2021: biglietti e informazioni

La Biennale Architettura 2021 è aperta dal 22 maggio al 21 novembre 2021. Chiusa il lunedì (escluso lunedì 24 maggio, 6 settembre, 1 novembre).

Le restrizioni ancora vigenti in Italia impongono regole differenti rispetto agli scorsi anni. Il principale cambiamento riguarda il biglietto che deve essere acquistato online. La prenotazione dei giorni di visita, rispettivamente ai Giardini e all’Arsenale è obbligatoria, ma la scelta della data può essere effettuata anche dopo l’acquisto.

L’accesso alle sedi espositive è regolato dal controllo della temperatura e da un semaforo che regola l’affluenza. Inoltre, l’Arsenale è accessibile a senso unico per cui, una volta entrati, non sarà più possibile uscire dall’ingresso, ma si dovrà passare dall’accesso posto oltre le Tese delle Vergini.

Intero: € 25

Ridotto: € 20 (over 65, residenti Comune di Venezia con verifica di un documento di identità valido agli ingressi)
Ridotto Studenti e/o Under 26: € 16 (con verifica di un documento di identità valido agli ingressi)

Il biglietto Regular è valido per un ingresso alla sede dei Giardini e un ingresso alla sede dell’Arsenale, da utilizzare anche in giorni diversi.

Biglietti per gruppi (min. 10 – max. 16 persone, prenotazione obbligatoria)
Adulti € 18 / università € 15 / studenti scuole secondarie € 10

Fonte: Living.Corriere.It / Labiennale.Org
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