Ca’ di Rajo. Tra leggenda e tradizione

Ca De Rajo.Tra cultura e leggenda

Narra la leggenda che nelle notti di luna piena il diavolo scenda su queste terre, in particolare qui, a RAI DI SAN POLO, dove ha sede l’azienda che produce degli ottimi bianchi e altrettanto ottimi rossi. Il diavolo mette un piede sulle vestige di un’antica rocca, e l’altro a qualche centinaio di metri, nella chiesetta votata alla Madonna del Carmine, datata 1300. Tale leggenda ha ispirato una delle etichette dell’azienda. Un rosso di alta qualità. “Notti di Luna Piena” che assieme al “Sangue del diavolo” rappresentano due dei RABOSI di eccellente qualità ( e grado ) Vedi foto sotto. Non traggano comunque in inganno i riferimenti al “diavolaccio”. A mettere le cose in prospettiva ci pensa la Madonna del Carmine. La piccola chiesetta del 1300 ha al suo interno una piccola sacrestia dove c’è ancora la campana originale che la NONNA scende a suonare ogni volta che il cielo si oscura di nubi che promettono grandine: “Da quando sono qui io- Assicura l’arzilla anziana di 85 primavere- La “tempesta” non ha mai fatto danni. La chiesetta nei secoli lontani è stata adibita a Lazzaretto. Lo testimoniano le abbondanti “mani” di calce che nascondono degli affreschi mai venuti alla luce e che aspettano di tornare a risplendere un giorno. All’entrata della piccola pieve un’iscrizione datata 1767 : “ADI . 10 . OTOBRIO 1567 . LAQUA DEA PIAVE . VENE . IN . Q. GIESA” (foto pio dal cin qui sotto)

Una bella storia del nostro territorio ricco di tradizioni e di cultura che sono state tramandate di generazione in generazione e che qui, grazie alla caparbietà della famiglia continuano a vivere e meritano di essere raccontate.

Le “Bellussere” dell’azienda Ca’ di Rajo viste dall’alto disegnano una geometria molto interessante e bella da vedere. Troverete lo stesso disegno sulle bottiglie. Una specie di “marchio di fabbrica” non facile da trovare al giorno d’oggi. Le bellussere (Dal loro ideatore BELUSSI) sono passate di moda tra i viticoltori ma non qui a Rai di San Polo dove sono tenute i vita e coccolate in quanto garanzia di un prodotto di alta qualità. Questo tipo di piantumazione delle viti permetteva infatti di lavorarle usando gli enormi carri di legno (Saraban) che si infilavano benissimo sotto i quattro rami della vite che si allargavano verso l’esterno.

Accanto a questi monumenti, Ca’ di Rajo preserva una vera e propria cattedrale verde: si tratta della Bellussera (https://www.cadirajo.it/it/bellussera/)- metodo di allevamento della vite basato su un sistema a raggi, messo a punto dai fratelli Bellussi alla fine dell’800 – è infatti l’impegno dell’azienda Ca’ di Rajo, guidata dalla famiglia Cecchetto, ex mezzadri Giol, divenuti proprietari di questa realtà che oggi esporta in circa 50 Paesi i suoi vini, principalmente Prosecco Doc e Docg e Raboso. La volontà di non sradicare viti di oltre 70 anni, nonostante l’impossibilità di meccanizzarne le operazioni di potatura e vendemmia, è portata avanti con tenacia da Simone, Alessio e Fabio Cecchetto, nipoti del fondatore Marino Cecchetto e decisi a combattere la stessa battaglia del nonno in difesa di un metodo di allevamento tipico di quest’area che si snoda lungo le terre del fiume Piave.

Conservare 15 ettari di Bellussera, una forma di impianto che rischia l’estinzione, non è semplice. La viticoltura in questo vigneto si può condurre esclusivamente a mano: la vendemmia si compie a circa 3 metri da terra, sotto le viti disposte a raggiera e lo stesso vale per la potatura. Le operazioni di raccolta delle uve si svolgono grazie a un rimorchio e a un pianale che consentono di raggiungere l’altezza necessaria. La Bellussera, infatti, prevede un sesto di impianto ampio dove pali in legno di circa 4 metri di altezza sono tra loro collegati da fili di ferro disposti a raggi. Ogni palo sostiene 4 viti, alzate circa m. 2.50 da terra, da ciascuna delle quali si formano dei cordoni permanenti che vengono fatti sviluppare inclinati verso l’alto e in diagonale rispetto all’interfilare, formando una raggiera.

“Bellussere sono un patrimonio storico da custodire su cui si fonda la memoria della nostra identità e la tipicità di un territorio – spiega Simone Cecchetto, giovane titolare dell’azienda insieme ai fratelli Fabio e Alessio – Da questi vigneti siamo partiti per costruire la grandezza del nostro futuro”.

Le Bellussere disegnano l’ambiente a Ca’ di Rajo (Gentile concessione di Ca’ di Rajo)

L’Azienda Ca’ di Rajo vista dal drone (gentile concessione di Ca’ di Rajo)

A quei tempi, in cui si vendemmiava in allegria cantando sotto i filari si iniziò con i vigneti a “Bellussera” un impianto di viti oggi dismesso dai più ma che la famiglia Cecchetto ha deciso di continuare: “Alcune delle piante hanno più di cento anni- Racconta Simone- Sono dei veri e propri alberi e i frutti che producono sono più saggi e gustosi, perché nel tempo, come succede agli umani, acquistano saggezza e sapore” Un modo per tramandare e conservare le tradizioni che si traduce in  vini rossi di altissima qualità con gradazioni di quattordici gradi e uniche per questo

Fabio mostra la struttura delle Bellussere centenarie

CA’ DI RAJO: WINE TOUR TRA VITI CENTENARIE E LUOGHI DA FOTOGRAFARE

La cantina di San Polo di Piave ha deciso di preservare questo metodo di allevamento della vite basato su un sistema a raggi messo a punto per combattere la Peronospora alla fine dell’800. Oggi essa è un monumento a cielo aperto, con viti di oltre 70 anni. La produzione di vino qui è un rituale non meccanizzabile che conserva la tradizione del territorio lungo il fiume Piave.

Scoprire una viticoltura che ha radici antiche, con viti di oltre 70 anni, che crescono a forma di raggiera a quattro metri di altezza e che formano un monumento naturale chiamato Bellussere. È la proposta della cantina veneta Ca’ di Rajo (www.cadirajo.it) che propone un wine tour tra i vigneti che porta turisti ed enoappassionati alla scoperta di un metodo di allevamento della vite basato su un sistema a raggi messo a punto alla fine dell’800.
Preservare questa antica forma di impianto è infatti l’impegno dell’azienda Ca’ di Rajo, guidata dalla famiglia Cecchetto, proprietaria di questa realtà che oggi esporta in circa 50 Paesi i suoi vini, principalmente Prosecco Doc e Docg e Raboso. Situata a San Polo di Piave, in provincia di Treviso, a pochi chilometri da Venezia, Ca’ di Rajo ricava parte della sua produzione proprio da vigneti che presentano la storica forma di impianto definita “Bellussera”. Per la precisione si tratta di 15 ettari in cui si trovano varietà come Raboso, Glera, Manzoni Bianco e i rarissimi Manzoni Rosa e Marzemina Bianca.

IL WINE TOUR – Il wine tour di Ca’ di Rajo include la visita alla chiesetta del 1300 – custodita all’interno della tenuta – una passeggiata sotto alle Bellussere, la degustazione di una selezione di almeno 6 vini dal Prosecco Docg al Raboso Piave e autoctoni rari come il Manzoni Rosa e la Marzemina Bianca. Un’esperienza unica, un’evasione sensoriale, una vera e propria fuga di relax lontano dal caos della città.

LA BELLUSSERA – La Bellussera prevede un sesto di impianto ampio dove pali in legno di circa 4 metri di altezza sono tra loro collegati da fili di ferro disposti a raggi. Ogni palo sostiene 4 viti, alzate circa m. 2.50 da terra, da ciascuna delle quali si formano dei cordoni permanenti che vengono fatti sviluppare inclinati verso l’alto e in diagonale rispetto all’interfilare, formando una raggiera.

LA CHIESETTA DEL CARMINE – Quella della famiglia Cecchetto è la storia di vignaioli legati a filo doppio con il territorio, sorretti e guidati dall’amatissima chiesetta della Madonna del Carmine che si trova all’interno della tenuta ed è visitabile. La Chiesetta del Carmine, con l’adiacente Casa Convento e la Torre di Rai, sono simboli di grande interesse storico ed artistico. La Chiesa e il convento, facenti parte di un complesso claustrale di padri carmelitani, vennero fatti costruire da Rambaldo XII (conte di Collalto), nel XIV secolo erano parte integrante del cortile di un grande castello, ormai andato distrutto con il passaggio della Seconda Guerra Mondiale. Ad oggi non è rimasto più nulla del castello tranne uno scorcio di muro della torre centrale. La chiesetta del Carmine invece si è conservata in buono stato, pur subendo diverse inondazioni nel corso dei secoli: ne è esempio una singolare incisione presente sullo spigolo interno del portone, esso testimonia come, nel 1567, l’acqua del Piave giunse addirittura a 1,50 metri. Esiste ancora una parte
del cortile interno dal quale si può vedere qualche pittura murale ed una meridiana, addossate alle pareti della chiesa; da questo cortile ben appare il campanile, che alle origini era una torre di vedetta.

LA TORRE DI RAI – All’interno della tenuta si trovano anche i resti della torre di Rai, su una collinetta, immersa tra alberi centenari e circondata da campi coltivati, in una cornice che la rende unica nel suo genere. Fu costruita per motivi strategico-militari nel X secolo su fondazioni romane ed è in epoca relativamente recente che la torre dovette subire le maggiori devastazioni: una prima volta nel 1918 durante la ritirata Austriaca e una seconda nel 1925 a causa
di un fulmine. Queste strutture sono sempre visitabili con percorsi guidati.

Visite su prenotazione scrivendo a booking@cadirajo.it oppure chiamando il numero 0422 855885.

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