In Campo di S. Marina, presso il quale si aprono questo Sottoportico e questa Corte, aveva casa e bottega nel 1661 ANTONIO SCALABRIN INDORADOR, che pagava pigione per esse a Zuane e Santo Castelli.
I Doratori Veneziani godevano nei secoli XV e XVI di altissima reputazione, e quindi venivano chiamati a lavorare nei Paesi stranieri. Si conservano ancora dorature di quei tempi in modo meraviglioso. Quest’arte era un “colonnello” di quella dei DIPINTORI, DISEGNATORI CUORIDORO TARGHERI, MASCARERI CARTOLERI (fabbricatori di carte da gioco) e MINIATORI, riconosceva come protettore S. LUCA, raccogliendosi prima nella chiesa dedicata a questo santo (dove aveva la propria tomba), e poi in un apposito locale presso la chiesa di Santa Sofia, eretto per disposizione testamentaria dal pittore VINCENZO CATENA. La prova di maestranza per gli INDORATORI consisteva nell’apparecchiare due strisce di legno intagliate con ornamenti, una piana e una concava, raschiarle dal gesso, indorarle e pulirle. Lavoro che durava più giorni e si faceva in presenza di un esperto indoratore. Nel 1773 l’arte dei DORATORI contava a VENEZIA 33 botteghe, 64 capomastri 70 lavoratori e 10 garzoni.
LA TOPOMASTICA VENEZIANA
La storia della toponomastica veneziana comincia nel secolo IX, quando RIALTO, isola sulla riva sinistra del CANAL GRANDE (cioè dalla parte opposta dell’INSULA RIVOALTI di posteriore insediamento), impose il proprio nome (testimoniato già nel 819) all’aggregato urbano ed insulare che nel corso di due secoli finì per chiamarsi CIVITAS RIVOALTI, sinonimo di CIVITAS VENECIARUM, che abbracciava le vecchie isole delle Gemine, di Luprio, di Spinalunga, di Olivolo, di Canaleclo (Cannaregio), mentre si andavano estendendo le bonifiche, come quella di Dorsoduro ad opera delle comunità di religiosi e si prosciugavano gli acquitrini. Un po’ dovunque piscine e canali superflui cominciarono a scomparire, lasciando i loro nomi soltanto nelle vecchie carte notarili, mentre sui terreni rassodati si moltiplicavano le dimore di legno. Per la designazione delle località, dapprima si ricorse a punti di riferimento generici, i CAPITA, ma erano gli edifici di culto, sempre più numerosi che potevano fornire indicazioni certe e stabili. Dopo la metà del MILLE quando la città ebbe un definitivo ordinamento ecclesiastico, la città venne divisa in CONFINIA, circoscrizioni territoriali corrispondenti alle parrocchie, che alla fine del 1100 erano SETTANTA, e tali rimasero fino all’età napoleonica, lasciando denominazioni che sono sopravvissute alla chiusura e alla demolizione delle rispettive chiese; unica eccezione è quella di San GEMINIANO, un nome scomparso con l’infame distruzione napoleonica dell’edificio.