L’incanto del Parco della Storga a Treviso

E’ tra i parchi urbani rurali più estesi d’Italia
e ospita moltissime specie animali e vegetali.

Le chiome degli alberi che si congiungono a formare un tunnel verde, lo scorrere placido l’acqua, la vegetazione rigogliosa sulle sponde: potrebbe sembrare un lembo di foresta pluviale. Invece siamo a poche centinaia di metri in linea d’aria dai condomini e dall’animazione delle botteghe di Santa Maria del Rovere, uno dei quartieri più popolosi di Treviso. La Storga (articolo rigorosamente femminile) è ben più della definizione formale di Parco urbano rurale, pur tra i più estesi d’Italia. È il bosco sotto casa, uno scrigno di biodiversità a due passi dalla città. Lo dice il nome stesso, la cui etimologia deriverebbe da un’arcaica forma sturgere, ad indicare il gorgogliare delle sorgenti: è l’unico fiume di risorgiva interamente nel territorio del comune capoluogo. Come per il fratello maggiore Sile, di cui è affluente, le acque della falda risalgono in superficie alimentando molteplici polle, i tipici fontanassi – segnati fin dalle mappe del catasto seicentesco – e un dedalo di ruscelli, a nordest del centro abitato, nei pressi delle Case Piavone (dal Piavon, uno di questi rivi minori) oggi museo etnografico della civiltà contadino gestito dal Gruppo Folcloristico Trevigiano.

FLORA E FAUNA Il suo percorso, snodandosi per 5 chilometri e 250 metri, in una campagna quasi ancora intatta, soprattutto sulla sinistra orografica, rappresenta un caleidoscopio di flora locale: olmo, acero, frangola, il selgher (salice bianco) il talpon (pioppo nero), gelsi centenari, esemplari di noce piantati, secondo l’usanza, alla nascita di una figlia femmina per trarne il legno del la camera da letto per la dote della sposa. Ma anche le erbe palustri, lo strame, da cui per secoli si sono ricavate lettiera per gli animali e imbottitura per i materassi dei cristiani e, seccate, capovolte e poi reidatrate, materia prima per impagliare le sedie. La fauna: arvicole d’acqua, topiragno, anfibi, soprattutto uccelli: folaghe, aironi cinerini e la new entry guardabuoi, tarabusi e tarabusini, cormorani (che divorano ogni giorno tanto pesce quanto pesano), più di recente, le onnipresenti nutrie. E ancora le testimonianze dell’uomo: la Storga lambisce la chiesetta della Madonetta, la chiesa dei barcari, che i coniugi Stringa ha trasformato in santuario dei 124 bambini morti nel bombardamento del 7 aprile 1944 (tra cui i loro figli Maria Teresa e Luigino); attraversa il parco di villa Fanna o delle Rose a Selvana; il corso stesso del fiume è stato tagliato creando un rettifilo (e di conseguenza un ramo morto: la Storghetta) per velocizzare la corrente e alimentare gli opifici a valle. Su tutti i Mulini Mandelli, alla confluenza nel Sile, a Fiera: nel 1887 macinavano 60mila quintali di farina all’anno, dando lavoro a 32 operai, sei facchini e innumerevoli barcaioli.

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