Il percorso fluviale lungo la Livenza è una importante opportunità per la pratica dell’escursionismo in un territorio fittamente antropizzato, sia terrestre che nautico.
Restando in ambito trevigiano è bene evidenziare che il viaggio lungo la Livenza costituisce il proseguimento naturale di altri tre segmenti itineranti: il Meschio, il Rasego e il Monticano. Tali connessioni indicano come sia particolarmente suggestiva e articolata la potenzialità ricreativa offerta dalla locale rete idrografica, rendendo quanto mai necessario un raccordo operativo tra queste attrattive ambientali lineari.
Primo Itinerario : Da Villa Varda a Portobuffolè
Dopo il sito di villa Varda, il fiume prosegue il suo fluire tra fitti sipari alberati, rendendo estremamente gradevole l’esperienza nautica, con qualche rapido gorgogliare di vortici, l’odore dell’acqua e delle alghe, il silenzio dell’atmosfera fluviale godibile solo a bordo di natanti a remi. Il senso del viaggio lo si coglie osservando i campanili dall’acqua, sorta di “fari” per i naviganti d’acque interne. Dopo quello di Brugnera, è da notare, al di là della sponda sinistra, quello elegante di S. Cassiano, che emerge dalle fitte boscaglie rivierasche, quasi ininterrotta componente paesaggistica evocante i ben più cospicui spessori forestali dei fiumi delle latitudini equatoriali. Al campanile corrisponde il garbo arcaico della borgata rurale lungo il fiume di pianura, “summa” estetica e funzionale del paesaggio veneto. Superata un’altra serie di meandri e navigando tra arginature artificiali molto robuste, si giunge al ponte di Portobuffolè ove passa la strada di grande traffico Oderzo-Pordenone. Subito a valle, si consiglia di attraccare e scendere in sponda sinistra, in corrispondenza di una comoda scalinata per superare l’alta arginatura.
Secondo itinerario: Da Portobuffolè a Motta di Livenza
A valle di Portobuffolè la navigazione prosegue in un letto delimitato da alte arginature, che stanno a indicare il verificarsi di frequenti e minacciose condizioni di piena. Ciò in parte diminuisce la qualità estetica del paesaggio fluviale, restringendosi infatti la profondità degli orizzonti, anche se la variabilità visuale è ancora molto elevata, in quanto dipende dal susseguirsi dei meandri, particolarmente accentuato in questo tratto del percorso fluviale.
La boscaglia riparia si riduce di spessore, rimanendo solo sporadiche alberature di poco pregio (salici e pioppi), che spesso trattengono sacchetti di plastica e altri rifiuti, indicando un ancora irrisolto rapporto tra il corso d’acqua e alcuni settori, si spera in estinzione, di popolazione rivierasca. A valle dell’ampia pertinenza golenale del Pra dei Gai, in sponda destra, appare sul lato opposto elementi dell’abitato di Ghirano. La navigazione prosegue divagando tra le altre arginature. Poco a valle si immette in sponda destra l’affluente Rasego, che si consiglia di risalire per un breve tratto, in modo da coglierne il peculiare assetto morfologico di fiumicello sorgivo, nonostante le recenti e pesanti rettifiche realizzate per il cosiddetto riordino idraulico, del tutto estranee alle più recenti e innovative strategie dell’ingegneria naturalistica. Circa un chilometro a valle della confluenza del Rasego, la Livenza accoglie in sponda sinistra gli apporti torrentizi del Meduna, ove si convogliano i deflussi di un ampio bacino montano facente capo alle prealpi pordenonesi. Il sito, identificato con il toponimo Tremeacque, costituisce uno tra gli snodi fluviali più suggestivi del sistema idroviario del nord est italiano, da decenni frequentata via d’acqua turistica per la motonautica, specialmente a seguito del tradizionale raid Venezia-Pordenone. Una volta imboccato il corso del Meduna si risale per circa una decina di chilometri fino alla confluenza del Noncello che consente di raggiungere in breve, sempre controcorrente, il centro storico di Pordenone, l’antica Portus Naonis, cioè porto del Noncello.
La prepotente presenza dei motonauti, in particolare durante i fine settimana, penalizza l’esperienza ricreativa e turistica di chi invece affida la pratica itinerante allo sforzo regolare e metodico delle proprie braccia, appagandosi del silenzio del paesaggio, rotto solo dallo sciabordio di remi e pagaie nella piatta eternità del deflusso color smeraldo. Il fiume prosegue nel suo ubriacante succedersi di meandri, quasi interminabile susseguirsi di anse, che poco progredisce nella via verso il mare. Conviene quasi tirare i remi in barca, lasciarsi andare al flusso debole della corrente, tentare di appisolarsi, lasciando scorrere sopra la testa sempre più rade fronde di alberi. Il percorso diventa infatti vizioso, come quando, di fronte al campanile di Meduna, lo si abbandona alle spalle e dopo aver remato per circa quattro chilometri, lo si ritrova quasi allo stesso punto dal momento che il divagare del fiume compie una prolungata serie di meandri lungo un tracciato quasi anulare.
Superata definitivamente Meduna il fiume scorre in una campagna che già presenta i tipici caratteri della bassa pianura. Si naviga ancora nel continuo variare degli scenari che si presentano misteriosi dopo il repentino volgere delle anse, fino a Motta di Livenza. Poco prima si nota a destra l’antica diramazione della Livenza Vecchia, sulle cui sponde funzionava dall’età medievale la banchina del porto fluviale. Superati i ponti ferroviario e della strada per Portogruaro, si apre sulla destra l’accesso alla nuova darsena per il turismo fluviale, prospiciente a una locanda fluviale, dove è possibile trovare un comodo alloggio prima di iniziare il tratto finale del fiume, verso il mare. Motta conserva ancor l’antica struttura urbana che risale al borgo medievale fortificato da Strazzolino della Motta nel XI secolo.